venerdì 1 gennaio 2010

bibliografia

BIBLIOGRAFIA





• JOSE’ SARAMAGO – Cecità
• ITALO CALVINO – Sotto il sole giaguaro
• JOANNE HARRIS – Chocolat
• MARIO RIGONI STERN – Arboreto selvatico
• PELLEGRINO ARTUSI – L’arte di mangiar bene e la scienza in cucina
• GABRIELE D’ANNUNZIO – Il piacere
• MELANIA G. MAZZUCCO – La lunga attesa dell’angelo
• OSCAR WILDE – Il ritratto di Dorian Gray
• MAURO CORONA – Quando gli alberi cantano
• BAUDELAIRE – I fiori del male
• MARTA SAMBUGAR, GABRIELLA SALA’ – LIEM
• SILVANO RODATO, ISABELLA GOLA – Cibo & Salute
• ELIANA CAMINADA, MARIA GIROTTO, NICHOLAS HOGG, ANTONIETTA MEO,
• GIULIO PASQUALI, PAOLA PERETTO – Between courses

5. Il gusto

Il gusto «La cucina è un’arte»

Pellegrino Artusi - L’arte di mangiar bene, la scienza in cucina

«Pellegrino Artusi, romagnolo, aspirante letterato, è il padre della cucina italiana. Nel 1891 ha scritto un libro famosissimo tra i più letti dell’Ottocento, dopo Pinocchio e I Promessi sposi, intitolato L’arte di mangiar bene, la scienza in cucina. Nell’introduzione ripropone la gerarchia dei sensi ribaltando l’ordine consueto e mettendo al primo posto il gusto e il tatto. Questi due sensi infatti, ingiustamente negletti, sono i più importanti, perché senza di loro l’umanità non potrebbe sopravvivere»

«Il gusto e il tatto sono quindi i sensi più necessari, anzi indispensabili alla vita dell'individuo e della specie. Gli altri aiutano soltanto e si può vivere ciechi e sordi, ma non senza l'attività funzionale degli organi del gusto.
Come è dunque che nella scala dei sensi i due più necessari alla vita ed alla sua trasmissione sono reputati più vili? Perché quel che sodisfa gli altri sensi, pittura, musica, ecc., si dice arte, si ritiene cosa nobile, ed ignobile invece quel che soddisfa il gusto? Perché chi gode vedendo un bel quadro o sentendo una bella sinfonia è reputato superiore a chi gode mangiando un'eccellente vivanda? Ci sono dunque tali ineguaglianze anche tra i sensi che chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha due?»

Inglese L’Emilia Romagna

Few people anywhere take as much pleasure at table as the Emiliani and Romagnoli do. The romagnoli don’t like to sit around on the ground for a pic nic. They prefer a long table with forks and knives and spoons and dishes, even if they have to use paper napkins and table cloths. They called it a magneda i.e. huge meal, and they love to sit at the table to relax and chat. Emilia Romagna is famous for its salumi usually called salamis, salted meats or cold cuts in English because there is no single word that translates the incredible variety of meats of this type.
It is also well known for Parmesan cheese, now famous throughout the world: once you taste it where it is made, you can more fully understand why connoisseurs consider it one of the world’s finest cheeses.
Every province has its own pasta, salumi, fish, meats, dessert and cake specialities that really must be tasted: in Bologna the cuisine lover will find handmade tortellini and tagliatelle, along with the city’s glory: meat ragù, Parma is the home to the fragrant, sweet prosciutto, sometimes called Parma ham in English, but it is also the area where culatello ham is made. Culatello is the only type of ham they have not been able to produce industrially: the pear shaped culatello is made by just a few families who hand down the secret of its aroma from generation to genetation. At ferrara you will find specdialities like pasticcio di maccheroni or cappellacci di zucca (sweet pumpkin and parmesan cheesefilled tortelloni), not to forget the salama da sugo, the gastronomic symbol of ferrara. They are salamis that weigh 500 g. and are spicy and flavourful. Their main characteristic is they get better on ageing. They must be served very hot.
A few decades ago, when the rest of Italy started to industrialise, the Emilia Romagnans ignored the propaganda and invested everything they had in their land; the spin-off from agriculture has been food processing industries, including Parmesan cheese, hams and above all, wine, with output long ago passing the billion-litres-a-year mark. For this reason the wine connoisseurs look a triffle askance at Emilia Romagna: it is not that good wine is not produced here, it is mostly that other places produce better wines. Winewise, anyhow, Emilia Romagna does produce some famous offerings, for example the ones mentioned below.

Some of best-known Emilia Romagna Wines
Emilia Romagna is particularly well known for two wines, the sparkling dry red or slightly sweeter rosè Lambrusco di Sorbara with an alcoholic content of some 11%: slightly below the average for red wines. This Lambrusco is best served at beetwen 12 and 14°C. The region’s other major wine is Albana di Romagna, once again in two versions: the dry, white with its 12% alcohol content and the slightly sweeter and stronger Passito with a 12,5% alcohol content. Natural methods may be used to produce a sparkling variety of the wine .


Da Capricci del destino - Il pranzo di Babette

«Pellegrino Artusi dice che la cucina è un’arte, e il cuoco pertanto è un artista. La stessa convinzione viene espressa nel racconto Il pranzo di Babette di Karen Blixen, l’autrice del best-seller La mia Africa.
Nel paesino di Berlevaag, in un piccolo fiordo della Norvegia, vivono due sorelle, Martina e Filippa. Da dodici anni, al loro servizio c'è Babette, una misteriosa francese scampata alla sanguinosa rivoluzione parigina del 1871, che prepara semplici pietanze per le due sorelle e per i poveri che esse soccorrono.
Babette ha vinto diecimila franchi ad una lotteria, e chiede di poter cucinare un vero pranzo francese in occasione della celebrazione del centenario del fondatore di quella piccola comunità, il padre di Martina e Filippa. Queste, sebbene titubanti, acconsentono. Babette riuscirà a trasformare quel pranzo in un’esperienza magica, in un’avventura amorosa. Chi è veramente Babette? È il famoso chef del Café Anglais, di Parigi. Quella donna straordinaria, così famosa.
Joanne Harris, Chocolat

Chocolat è un fortunato romanzo di Joanne Harris, un'insegnante dello Yorkshire, da cui è stato tratto il celebre film. È martedì grasso quando in un piccolo villaggio francese arrivano una madre con la sua giovane figlia. La donna è assai simpatica e originale, un’artista del cioccolato, che fa rifiorire la Celeste Praline, la sua pasticceria. Ma i pregiudizi e l’ostilità della gente mettono in serio pericolo la sua creatività. La sua tenacia riuscirà tuttavia ad aver ragione del più accanito dei suoi avversari, il giovane curato Francis Reynaud, che alla fine dovrà cedere, senza ritegno alla seduzione di tutte quelle magie dolciarie, come ascolteremo dalle ultime pagine del libro. La gente di quel tranquillo paese è ora più libertà e felice. Chocolat è un romanzo pieno di vita, frizzante e divertente, ricco di personaggi indimenticabili e ricette paradisiache. «Un libro che odora di dolci e di zucchero, dove il piacere del cibo irrompe con forza».

Le cinque e trenta.
Con grande cautela sposto di lato la pellicola di carta che copre la vetrina. Viene via con un piccolo rumore di strappo, e la poso lì a fianco, sforzandomi di captare ogni minimo cenno di movimento al piano superiore. Non ce n'è nessuno. La mia pila illumina la mercé esposta e per un momento quasi dimentico perché sono qui. È una meraviglia di prelibatezze, gelatine di frutta e fiori di marzapane e montagne di cioccolatini assortiti di tutte le forme e colori, e conigli, anatroccoli, chiocce, agnelli, mi fissano con occhi di cioccolato semiseri come gli eserciti di terracotta dell'antica Cina, e sopra a tutto una statua di donna, le aggraziate braccia marroni che reggono un fascio di grano di cioccolato, i capelli ondulati. Il particolare è reso in modo leggiadro, i capelli aggiunti con una cioccolata di qualità più scura, gli occhi passati con il bianco. L'odore di cioccolato è travolgente, con il suo ricco aroma polposo che scende giù per la gola in una squisita scia di dolcezza. La donna dal fascio di grano sorride impercettibilmente, come se stesse contemplando i misteri.
Assaggiami. Provami. Gustami.
La sua canzone è più forte che mai, qui nell'autentico nido della tentazione. Potrei allungare la mano in qualsiasi direzione e cogliere uno di quei frutti proibiti, assaggiare la sua polpa segreta. Il pensiero mi trafigge in mille punti.
Assaggiami. Provami. Gustami.
Nessuno lo verrebbe a sapere.
Assaggiami, Provami. Gusta... Perché no?
Le cinque e quaranta.
Prenderò la prima cosa che mi capita tra le dita. Non devo lasciarmi andare in questa distrazione. Un solo cioccolatino... non un furto, per la precisione, ma un salvataggio: sarà il solo di tutti i suoi fratelli a sopravvivere alla rovina. Ma la mia mano esita suo malgrado, una libellula che vola sopra un grappolo di bocconcini squisiti. Un vassoio di plexiglas con un coperchio li protegge, il nome di ogni pezzo è scritto elegantemente in corsivo sul coperchio. I nomi sono incantevoli. Croccantini all'arancia amara. Rotolo di marzapane all'albicocca. Cerisene russe. Tartufo bianco al rum. Manon blanc. Capezzoli di Venere. Mi sento avvampare sotto la maschera. Come si fa a ordinare qualcosa con nomi come quelli? Eppure sembrano meravigliosi, rotondamente bianchi sotto la luce della pila, punteggiati di cioccolata più scura. Ne prendo uno dalla cima del vassoio. Lo tengo sotto il naso, odora di panna e vaniglia. Nessuno lo saprà. Mi rendo conto di non aver mangiato cioccolato da quando ero un ragazzo, sono passati più anni di quanti possa ricordare, e anche allora era una qualità a buon mercato di chocolal a croquer, quindici per cento di cacao solido - venti per quello scuro - con un retrogusto colloso di grasso e zucchero. Una volta o due ho comprato del Suchard al supermarket, ma poiché costava cinque volte il prezzo dell'altro era un lusso che potevo permettermi di rado. Questo è del tutto diverso, la scarsa resistenza del guscio di cioccolato quando incontra le labbra, il morbido tartufo all'interno... C'è un retrogusto come nel bouquet di un vino pregiato, una punta di amaro, un'intensità come quella del caffè macinato, il calore da vita al gusto che mi riempie le narici, un sapore assatanato che mi fa gemere.

Le cinque e quarantacinque.
Dopo quello ne provo un altro, dicendomi che non avrà importanza. Di nuovo indugio sui nomi. Crème de cassis. Ripieno alle noci. Scelgo una pepita scura da un vassoio contrassegnato Viaggio di Pasqua. Zenzero cristallizzato in un involucro duro di zucchero, che libera uno sbocco di liquore che sembra un concentrato di spezie, un respiro di aria aromatizzata in cui il sandalo, la cannella e il lime si contendono l'attenzione con il cedro e il pepe della Giamaica... Ne prendo un altro, da un vassoio marcato Pesca al miele millefiori. Una fettina di pesca immersa nel miele e nell'acquavite, una scheggia di pesca cristallizzata sul coperchio di cioccolato. Guardo l'orologio. C'è ancora tempo.
So che dovrei cominciare sul serio la mia azione virtuosa. Le merci esposte, anche se è sbalorditivo, non sono sufficienti per soddisfare le centinaia di ordini che ha ricevuto. Ci dev’essere un altro posto dove lei tiene le scatole regalo, le scorte, il grosso del suo lavoro. Le cose qui sono solo in mostra. Afferro una Amandine e me la ficco in bocca per aiutare il pensiero. Poi un fondente al caramello. Poi un Manon blanc, soffice di panna fresca e mandorla. Così poco tempo, e restano ancora così tanti bocconi da assaggiare... Potrei fare il lavoro in cinque minuti, forse meno. Purché sappia dove guardare. Prenderò un altro cioccolatino, come portafortuna, prima di andare a cercare. Solo un altro.
Le cinque e cinquantacinque.
E come uno dei miei sogni. Mi rotolo nel cioccolato. Immagino me stesso in un campo di cioccolatini, su una spiaggia di cioccolatini, mentre mi crogiolo-grufolo-ingozzo. Non ho tempo per leggere le etichette, mi infilo dei cioccolatini in bocca a caso. Il porco perde la sua astuzia di fronte a tanto piacere, ritorna a essere di nuovo un porco, e anche se qualcosa in fondo ai miei pensieri urli di smetterla, non riesco a farlo. Una volta cominciato, non può finire. Non ha niente a che vedere con la fame, li spingo giù, la bocca zeppa, le mani piene. Per un terribile istante mi immagino Armande che ritorna per perseguitarmi, per maledirmi, forse con il suo stesso supplizio, la maledizione di morire per ingordigia. Mi accorgo di sentire me stesso fare dei rumori mentre mangio, gemiti e lamenti di estasi e disperazione, come se il porco dentro di me avesse finalmente trovato una voce.

Il consumo di cioccolato è espressamente vietato per i soggetti diabetici. Il diabete non è l’unica patologia riscontrata a livello alimentare,diverse è possibile individuarne.

Alimentazione: Patologie legate all’alimentazione

LA DIETOTERAPIA è di competenza medico-specialistica e tratta dei problemi concernenti la nutrizione applicata e clinica, legati alla cura delle più importanti patologie legate all’alimentazione.

OBESITA’

L’obesità è una condizione patologica caratterizzata da un enorme accumulo di grasso nell’organismo. Il soggetto obeso viene definito tale quando supera del 20% il proprio peso ideale.
Le cause dell’obesità sono diverse, e nascono dalla combinazione di numerosi elementi fra i quali la predisposizione genetica, fattori di tipo psicologico, disturbi metabolici, situazioni ambientali. Nei paesi ricchi il sovrappeso e l’obesità si devono collegare ad una maggiore disponibilità di alimenti raffinat, ad una eccessiva introduzione calorica e ad uno stile di vita sempre più sedentario. Molto diffuse sono le obesità derivate da anomalie nel comportamento alimentare, che possono essere determinate sia da disturbi psicologici, sia da condizioni socio-economiche e familiari.
I sintomi che l’obeso riscontra più frequentemente sono: diminuita forza fisica, disturbi cardiovascolari, predisposizione all’ipertensione arteriosa, dolori articolari, artrosi, diabete mellito, gotta, arteriosclerosi, trombo embolie, scompenso cardiaco e predisposizione verso alcune malattie tumorali.

REGOLE GENERALI
-Non scendere al di sotto delle 1200 kcal/giornaliere e considerare che è bene non perdere più di 1 kg di peso alla settimana
-ridurre la quota di lipidi e zuccheri semplici
-aumentare il consumo di fibra e privilegiare cibi a basso valore calorico
-suddividere la razione alimentare in tre pasti principali e non mangiare fuori pasto
-non bere alcolici o limitarli fortemente

ANORESSIA E BULIMIA
L’anoressia indica uno stato di perdita o diminuzione dell’appetito. È una sindrome psico-patologica caratterizzata dal continuo rifiuto di alimentarsi. Compare in genere nel sesso femminile tra i 14 e i 25 anni. Il rifiuto del cibo si può manifestare dopo un intenso stess psicologico (divorzio dei genitori, abbandono del fidanzato, morte di un amico), ma anche senza una causa apparente.
La bulimia (eccessiva alimentazione) viene spesso alternata al digiuno, che però viene vissuta in maniera ansiosa, tanto che il soggetto tende a rigettare il cibo procurandosi il vomito. La bulimia è un aumento anormale della sensazione di fame, che porta alla vorace introduzione di cibo, seguita a vlte da depressione psichica e da senso di colpa.
La cura dell’anoressia e bulimia è assai complessa e richiede lunghi periodi di psicoterapia accompagnata da un cambiamento dell’ambiente famigliare.

ATEROSCLEROSI
L’aterosclerosi è una malattia degenerativa che colpisce i vasi sanguigni ed è caratterizzata dalla deposizione di sostanze lipidiche nella parete interna di vasi e arterie, con conseguente ispessimento e perdita di elasticità. Tale fenomeno è dovuto alla formazione delle placche di ateroma costituite da colesterolo e trigliceridi che restringono il calibro del vaso.
Le cause di questa malattie sono molteplici e dipendono da: predisposizione ereditaria, stress emotivi, scarso esercizio fisico, fumo di sigaretta, bevande alcoliche, dieta ricca di grassi animali, obesità, ma avviene anche con l’invecchiamento.
Il colesterolo fattore di rischio per l’aterosclerosi è quello veicolato dalle LDL (colesterolo cattivo) e si deposita sulle pareti interne delle arterie, mentre il colesterolo veicolato dalle HDL (colesterolo buono) tende a rimuovere tali depositi.
Per prevenire l’aterosclerosi è opportuno ridurre la quantità di grassi di origine animale e preferire quelli di origine vegetale.



IPERTENSIONE
Con il termine ipertensione si intende l’aumento della pressione sanguigna nelle arterie oltre ai valori medi normali. La pressione arteriosa è quindi prodotta dal cuore e varia da persona a persona in funzione dell’età, dello stato emotivo e dell’attività fisica. Nella maggior parte dei casi non è possibile riscontrare una causa vera e propria, per questo viene anche chiamata ipertensione essenziale. È presente comunque nelle persone ipertese una serie di anomalie quali: il fattore genetico,il sovrappeso, abuso di alcol, lo stess. Una delle cause più naturali è l’invecchiamento. Può verificarsi un’ ipertensione secondaria dovuta a un malfunzionamento dei reni (che hanno la funzione di eliminare i liquidi) e una anomala produzione degli ormoni della ghiandola surrenale. L’ipertensione viene anche chiamata killer silenzioso perché è asintomatica, quindi non compaiono i sintomi classici che sono cefalee, mal di testa, ronzii alle orecchie, sensazioni di vertigini, epistassi (sangue da naso)
L’ipertensione si può prevenire: riducendo il consumo di sale, incrementando l’apporto di potassio, controllando l’uso di zuccheri, evitando alcolici

DIABETE
Il diabete è una malattia del metabolismo glucidico e viene normalmente distinto in:
1. Diabete mellito insulino-dipendente (giovanile)
Questa forma predomina nei bambini, negli adolescenti e nei giovani ed è caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta del pancreas, responsabili della secrezione di insulina, un ormone necessario perché i tessuti possano utilizzare il glucosio del sangue.
2. Diabete mellito non insulino-dipendente
È la forma di diabete più diffusa in tutti i paesi ed è correlata all’età, con massima incidenza tra i 60-80 anni, inoltre non risulta associata ad alcuna anomalia al pancreas.
Sia nel diabete giovanile che in quello senile, le cellule dell’organismo non sono capaci di utilizzare regolarmente il glucosio. Questa mancanza di utilizzazione del glucosio cellulare provoca il suo accumulo del sangue. Se l’iperglicemia raggiunge livelli elevati, il glucosio viene eliminato con le urine.
Il FRUTTOSIO può essere utilizzato perché
-possiede un potere calorico molto alto
-ha un indice glicemico basso quindi diventa glucosio in tempi più lunghi

Sotto il sole-giaguaro: Il gusto
Sapore sapere

«L’ultimo racconto del libro di Italo Calvino da cui abbiamo preso spunto per fare questo viaggio attraverso i sensi è dedicato al gusto, si intitolava Sapore sapere, con l’intento proprio di associare il due termini, che derivano dalla stessa radice, «assaporare, gustare». Ma come ci si arriva al sole-giaguaro? Calvino cambia il titolo dell’ultimo racconto «Sapore sapere» con il più misterioso: «Sotto il sole giaguaro», che diventerà anche il titolo del libro. Eccone un frammento. Il protagonista si trova in Messico, in compagnia di Olivia, in viaggio nei territori dei Maya. Dopo essersi inerpicato, da solo al Tempio del Sole, fino al bassorilievo del Sole-giaguaro, sta scendendo per la ripida scalinata del Tempio delle Iscrizioni, quando fu preso da una specie di allucinazione o di vertigine.
(«Discesi, risalii alla luce del sole-giaguaro, nel mare di linfa verde delle foglie. Il mondo vorticò, precipitavo sgozzato dal coltello del re-sacerdote giù dagli alti gradini sulla selva di turisti con le cineprese e gli usurpati sombreros a larghe tese, l’energia solare scorreva per reti fittissime di sangue e clorofilla, io vivevo e morivo in tutte le fibre di ciò che viene masticato e digerito e in tutte le fibre che s’appropriano del sole mangiando e digerendo. Sotto la pergola di paglia d’un ristorante in riva a un fiume, dove Olivia m’aveva atteso, i nostri denti presero a muoversi lentamente con pari ritmo e i nostri sguardi si fissarono l’uno nell’altro con un’intensità di serpenti. Serpenti immedesimati nello spasimo d’inghiottirci a vicenda, coscienti d’essere a nostra volta inghiottiti dal serpente che tutti ci digerisce e assimila incessantemente nel processo d’ingestione e digestione del cannibalismo universale che impronta di sé ogni rapporto amoroso e annulla i confini tra i nostri corpi e i cibi che stiamo consumando...

4. Il tatto

Tatto – contatto –


«Primo senso a formarsi nel feto, il tatto comprende numerose sensazioni che sono raccolte dalla nostra pelle attraverso migliaia di recettori specifici. Solo nella mano ne abbiamo circa 20.000. Grazie a loro, riconosciamo una carezza, un pizzicotto, una sensazione tiepida e una gelida, una spina nel piede o il dolore. Tutto passa dalla pelle, attraverso un immenso vestito che ci fa sentire vivi e incontrare il mondo»
L’educazione del senso del tatto

«Nella ricerca del senso del tatto Rudolf Steiner, scrittore, pedagogista filosofo, fondatore della antroposofia e di una scuola pedagogica, afferma sui cinque sensi:
«No per me i sensi sono 12, suddivisi in 3 categorie. I quattro sensi inferiori, ovvero i sensi legati alla corporeità che sono: tatto, vita, movimento, l’equilibrio; I quattro sensi intermedi, ovvero i sensi che governano gli aspetti legati all’anima: olfatto, gusto, vista, calore; I quattro sensi superiori, detti anche sensi sociali, rivolti alla connessione dell’uomo alla sfera spirituale: udito, parola, pensiero, senso dell’io.
Il senso del tatto è pienamente formato a sette settimane di gestazione, quando il feto è lungo due centimetri. Attraverso il tatto sperimentiamo la differenza tra la distanza e la vicinanza. Un bambino che ha ricevuto una sana educazione del senso del tatto, che è stato curato, pulito, coccolato, ha potuto godere di un periodo prolungato accanto alla madre e per questo svilupperà una grande sicurezza di sé».

Attraverso il tatto abbiamo la possibilità di svolgere determinate attività sportive che richiedono il più delle volte sforzi eccessivi per tempi medio lunghi. Questo dipende però dalla tipologia di attività sportiva che si svolge. Chi svolge attività sportiva ha bisogno di introdurre all’interno del proprio organismo quantità maggiori di cibo e liquidi.



Alimentazione nello sport

L’ Individuo che pratica attività sportiva va considerato semplicemente come un soggetto sano caratterizzato da necessità energetiche superiori a quelle normali.
L’ atleta deve ricavare tutta l’energia che gli serve dai normali alimenti, scegliendoli, consumandoli e alternandoli secondo le stesse regole che valgono per tutti gli individui sani.
La sola variante è costituita dal fatto che i consumi degli alimenti saranno proporzionalmente e misuratamente aumentati, in relazione alle maggiori necessità energetiche, determinate dal tipo di attività fisica svolta.
In generale, le attività fisiche si possono distinguere in:
anaerobiche: vale a dire effettuate in carenza di ossigeno e svolte per brevissimi periodi di tempo come, per esempio, corse sui 100 – 200 m, lancio del peso, sollevamento pesi, lancio del disco;
aerobiche: caratterizzate da più lunga durata e resistenza nello sforzo muscolare come, per esmpio, sci di fondo, nuoto, ciclismo su strada, canotaggio, maratona, escursionismo alpino.
Spesso, molti esercizi atletici comportano alternativamente fasi di attività anaerobica e fasi di attività aerobica, dipendentemente dall’impiego muscolare richiesto.
In ogni caso, la dieta dell’atleta andrà personalizzata sia in relazione al maggior fabbisogno energetico, sia sulla base dei diversi impegni di gara. In generale, il dispendio energetico può arrivare complessivamente a 300 – 4500 kcal quotidiane, a seconda dell’ intensità e della durata del lavoro svolto, del tipo stesso di lavoro, delle condizioni ambientali.
La dieta potrà essere elaborata considerando la seguente ripartizione di nutrienti:
• proteine 15%
• lipidi 25-30%
• glucidi 55-60%
acqua 1,5-2,5 l acqua assunti tra i pasti
Si potrà quindi diversificare l’ alimentazione considerando il periodo di allenamento, di gara, di recupero.
Durante l’allenamento, le proteine svolgono un ruolo importante per il trofismo delle aumentate masse muscolari e si raccomandano mediamente i valori di 1,5-1,8 g/kg di peso corporeo. È comunque consigliato un esagerato apporto proteico per i danni renali ed epatici che ne possono derivare. Il rapporto proteine animali/proteine vegetali che viene consigliato dovrà essere maggiore o uguale a 1.
La quota lipidica non deve superare il 30 % delle calorie totali, ed il rapporto ottimale lipidi vegetali/ lipidi animali dovrà essere uguale o maggiore di 2. La ripartizione degli acidi grassi è consigliata nelle seguenti proporzioni: 30% saturi, 35% monoinsaturi e 35% polinsaturi.
I carboidrati sono particolarmente importanti nella dieta dello sportivo e, costituiscono la quota percentuale restante alimentare, pari a circa il 55-60% delle calorie totali. Di questa quota, circa l’80% sarà costituito da amido, mentre il restante 20% sarà costituito da glucidi semplici. Mediante una dieta adeguata e con metodiche particolari, è possibile aumentare nell’organismo le riserve di glicogeno epatico e muscolare: tale meccanismo è noto come “supercompensazione di glicogeno”. Il fabbisogno idrico è molto importante e mediamente viene valutato in 40-50 ml/kg di peso corporeo, oppure in 1 ml di acqua per caloria assunta.
Con la sudorazione si perdono anche molti Sali minerali che devono essere opportunamente reintegrati. Anche il fabbisogno di vitamine sarà generalmente più elevato, in relazione alle maggiori esigenze di tipo metabolico.
La dieta nella fase di competizione o di gara, non sarà particolarmente ricca o abbondante, ma si darà maggiore importanza all’ apporto glucidico (inteso come amidi) a scapito di quello proteico e lipidico. L’ atleta dovrà mangiare 3 o 4 ore prima dell’ inizio della gara, evitando di appesantirsi. Consumare molti zuccheri semplici è controproducente per l’iperglicemia che si verifica e la conseguente risposta insulinica e ipoglicemica aggravata dallo sforzo.
Secondo le tipologie di sport praticati, ci sono poi le razioni intracompetitive che permettono di “ricaricare” l’atleta. Le razioni di recupero post-gara dovranno invece essere elaborate pensando0 a ricostruire le riserve energetiche perdute con l’esercizio fisico, senza tuttavia appesantire o affaticare l’organismo con razioni troppo abbondanti.

Gabriele D’Annunzio, Il piacere

Gabriele D’Annunzio nel romanzo Il piacere, esalta nel protagonista Andrea Sperelli, un super uomo poeta, «imbevuto d’arte», che dedica la sua vita alla ricerca dei più raffinati piaceri e tra questi naturalmente quello proveniente dal tatto e dal con-tatto amoroso. In questo brano il tocco delle mani degli amanti, Andrea ed Elena, avviene attraverso la mediazione di raffinati oggetti preziosi che comunicano «un indefinibile diletto».
All’interno del romanzo sono evidenti i caratteri del Decadentismo europeo. In un’atmosfera di passioni edonistiche,si muove il protagonista, Andrea Sperelli, un prototipo di uomo “decadente”, avido di piaceri, convinto di dover fare della sua vita un’opera d’arte. È innamorato di Elena Muti che ha lasciato e invano si stordisce con altri amori. Crede di aver trovato un altro amore in Maria Ferres, ma quando distrattamente la chiama col nome di Elena, ella fugge inorridita. Andrea Sperelli rimane solo davvero, sempre più compreso nella sua inutilità.

D’Annunzio e l’occupazione di Fiume

Gabriele D’Annunzio ha partecipato con la grande veemenza oratoria alla campagna interventista e nel 1915 organizzò un clamoroso volo su Vienna per distribuire migliaia di volantini tricolori sulla città. Celebri sono anche i suoi motti legati alla retorica militarista e fascista come il saluto “eia, eia ala la”.
Durante la crisi del primo dopoguerra, dopo i deludenti risultati dei trattati di pace, Gabriele D’Annunzio conia il mito della “vittoria mutilata”e organizza la famosa marcia su Ronchi per la conquista della città di Fiume, che era stata assegnata dalla Yugoslavia.
In seguito al trattato di Rapallo Giolitti trasforma Fiume in uno stato libero e indipendente, tutelato dalla Società delle Nazioni e costringe Gabriele D’Annunzio a ritirarsi.
Visse gran parte della sua vita in quella prigione dorata, in quella villa-museo chiamata il Vittoriale degli italiani, a Gardone Riviera sul Garda circondato da oggetti preziosi e cimeli di tutta una vita dove morì nel 1938 nel suo studio. Celebrato ma anche temuto dal fascismo, si è sempre dimostrato tenacemente contrario all’alleanza dell’Italia con la Germania. Ha goduto di una fama e di un prestigio europeo: era considerato il più famoso scrittore dell’epoca, conteso in tutta Europa.

- Uno! Due! Tre!
Il colpo di martello diede il possesso dell'elmo fiorentino a Lord Humphrey Heathfield. L'incanto ricominciò di nuovo su piccoli oggetti, che passavano lungo il banco, di mano in mano. Elena li prendeva delicatamente, li osservava e li posava quindi innanzi ad Andrea, senza dir nulla. Erano smalti, avorii, orologi del XVIII secolo, gioielli d'oreficeria milanese del tempo di Ludovico il Moro, libri di preghiere scritti a lettere d'oro su pergamena colorita d'azzurro. Tra le dita ducali quelle preziose materie parevano acquistar pregio. Le piccole mani avevano talvolta un leggero tremito al contatto delle cose più desiderabili. Andrea guardava intensamente; e nella sua imaginazione egli trasmutava in una carezza ciascun moto di quelle mani. «Ma perché Elena posava ogni oggetto sul banco, invece di porgerlo a lui? »
Egli prevenne il gesto di Elena, tendendo la mano. E da allora in poi gli avorii, gli smalti, i gioielli passarono dalle dita dell'amata in quelle dell'amante, comunicando un indefinibile diletto. Pareva ch'entrasse in loro una particella dell'amoroso fascino di quella donna, come entra nel ferro un poco della virtù d'una calamita. Era veramente una sensazione magnetica di diletto, una di quelle sensazioni acute e profonde che si provan quasi soltanto negli inizi di un amore e che non paiono avere né una sede fisica né una sede spirituale, a somiglianza di tutte le altre, ma sì bene una sede in un elemento neutro del nostro essere, in un elemento quasi direi intermedio, di natura ignota, men semplice d'uno spirito, più sottile d'una forma, ove la passione si raccoglie come in un ricettacolo, onde la passione s'irradia come da un focolare.
«E' un piacere non mai provato» pensò Andrea Sperelli anche una volta.
L'invadeva un leggero torpore e a poco a poco lo abbandonava la conscienza del luogo e del tempo.»


Poesia di Pablo Neruda. Le tue mani

La cura del tatto avviene attraverso i baci e le carezze. Neruda (tratta dal libro "Poesie d'amore e di vita")

Quando le tue mani muovono,
amore, verso le mie,
cosa mi portano in volo?
Perché si sono fermate
sulla mia bocca, all'improvviso,
perché le riconosco
come se una volta, prima,
le avessi toccate,
come se prima di esistere
avessero già percorso
la mia fronte, la mia cintura?

La loro morbidezza giungeva
volando sul tempo,
sul mare, sul fumo,
sulla primavera,
e quando tu hai posato
le tue mani sul mio petto,
ho riconosciuto quelle ali
di colomba dorata,
ho riconosciuto quella creta
e quel colore di grano.

Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.
Ho salito scale,
ho attraversato scogliere,
mi hanno trascinato via treni,
le acque mi hanno riportato,
e nella pelle dell'uva
mi è sembrato di toccarti.
Il legno di colpo
mi ha portato il tuo contatto,
la mandorla mi annunciava
la tua morbidezza segreta,
finché si sono strette
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
hanno concluso il loro viaggio.

3. L'olfatto

L’olfatto: il potere del profumo




Baudelaire - I fiori del male – Correspondances

CHARLES BAUDELAIRE nacque a Parigi nel 1821. Suo padre. Morì quando lui aveva solo sei anni, quando sua madre si risposò con un ufficiale di carriera egli si sentì tradito. Nel 1848 partecipò alla rivoluzione parigina per spirito di contestazione e rivolta. Via via, incalzato dai debiti e dagli usurai, si immerse nella vita squallida e miserevole della metropoli, cercando di evadere dai problemi attraverso i “paradisi artificiali” dell’alcol e della droga. Al tempo stesso, però, avvertiva un fortissimo senso di colpa e il bisogno di riscattarsi, di vivere una vita ordinata e normale, che pensava di trovare tornando da sua madre. Nel 1857 pubblicò I fiori del male, la raccolta di poesie che segna la rottura definitiva con la tradizione e inaugura la lirica della modernità. Quest’opera venne condannata per oscenità e oltraggio alla morale e fu parzialmente censurata. Nel 1862 pubblicò l’altra raccolta di poesie intitolata Spleen di Parigi. Colpito da paralisi, morì nel 1867, assistito dalla madre. Tra le opere più significative ricordiamo ilo racconto Fanfarlo (1847), i saggi I paradisi artificiali (1861) e i poemetti in prosa (1869).
«Baudelaire, poeta, autore di I fiori del male, nella poesia Corrispondenze, il manifesto del simbolismo, crede che la natura non sia altro che una foresta di simboli, dove tutto, immagini, suoni, odori sapori si corrispondano e si compongano insieme in una profonda unità. Soltanto il poeta sa leggere e comprendere l’universale geroglifico della natura.




La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L'homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l'observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

II est des parfums frais comme des chairs d'enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
— Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,

Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens

É un tempio la Natura ove viventi
Pilastri a volte confuse parole
Mandano fuori; la attraversa l’uomo
Tra foreste di simboli dagli occhi famigliari.

I profumi e i colori e i suoni si rispondono
come echi lunghi che di lontano si confondono
in unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte ed il chiarore.

Esistono profumi freschi come
carni di bimbo, dolci come gli oboi,
e verdi come praterie; e degli altri corrotti, ricchi e trionfanti,

che hanno l’espansione propria alle infinite
cose, come l’incenso, l’ambra, il muschio, il benzoino, e cantano dei sensi e dell’anima i lunghi rapimenti

Analisi del testo

La poesia è incentrata sul tema dell’ analogia (due parole, immagini o fatti, vengono associati tra loro, al di fuori di ogni nesso logico o sintattico) e dei significati nascosti delle cose. La natura è vista come un luogo sacro e misterioso che rileva messaggi che risultano poco chiari all’uomo. Attraverso il linguaggio poetico visionario e potente, e soprattutto grazie alle metafore alle sinestesie, il poeta può oltrepassare i limiti della realtà, stabilire corrispondenze tra elementi diversi e ristabilire l’unità dell’universo che ora appare frammentato e spezzato. Perciò la poesia diventa una forma di conoscenza alternativa rispetto alla ragione, capace di esplorare la realtà più in profondità e di evadere dai limiti che la fiducia eccessiva nella ragione pone alla mente umana.









Baustelle
Baudelaire
2008



Satana è all’inferno per te.
Ed è più moderno di te
Avremo divani fondi come tombe
Stando a quanto dice Baudelaire
Cristo muore in croce per me
Pietro brucia in croce per te
Santa è la bellezza
Tanta è la paura
Fai come faceva Baudelaire
Pasolini è morto per te
Morto a bastonate per te
Nello stesso istante
In qualche altra spiaggia
Si è fatto l’amore
Uniti contro il mondo
E’ necessario credere
Bisogna scrivere
Verso l’ignoto tendere
Ricordati Baudelaire
Caravaggio è morto per te
Luigi Tenco è morto per te
Nei fiori dei campi
Vive Piero Ciampi
Bisogna studiare Baudelaire
Saffo s’è ammazzata per noi
Socrate suicida per noi
Vivere per sempre
Ci vuole coraggio
Datti al giardinaggio dei fiori del male
E’ necessario vivere
Bisogna scrivere
All’infinito tendere
Ricordati Baudelaire. Baudelaire. Yeah.


Oscar Wilde Il ritratto di Dorian Gray


OSCAR WILDE (1854-1900) nacque e crebbe in un ambiente colto e stravagante. Passò quindi a studiare a Oxford, dove il suo ingegno e il suo anticonformismo lo imposero all’attenzione dei circoli studenteschi e dei salotti mondani. Dopo vari soggiorni a Parigi e a Londra e viaggi in Italia, Grecia e Nord Africa, nel 1882 Wilde si recò negli Stati Uniti dove tenne un ciclo di conferenze sulle teorie dell’ Estetismo. Si comprendono allora gli sforzi compiuti dallo scrittore per identificare la sua arte con la sua vita e il suo comportamento eccentrico e sregolato, alla ricerca di sensazioni sempre nuove. Nel 1884 sposò Constance Lloyd, da cui ebbe due figli, ma la forte componente omosessuale della sua personalità si manifestò poco dopo il matrimonio, tenne per lungo tempo una vita parallela fatta di incontri e amori con uomini. In Inghilterra l’ omosessualità era considerata reato per questo fu condannato per due anni ai lavori forzati. Quando nel 1897 uscì dal carcere si rifugiò in Francia e visse inj miseria fino alla morte che lo colse nel 1900. Fra le opere più significative ricordiamo: Poesie (1881), Racconti(1888), Il ritratto di Dorian Gray (1891), La donna senza importanza (1893), Un marito ideale (1895), L’importanza di chiamarsi Ernesto (1895), Salomè (1891), De Profundis (1897), La ballata del carcere di Reading (1898)

Dorian Gray, l’esteta, colui che voleva fare della propria vita «un’opera d’arte», che aveva venduto l’anima al diavolo per conservare in eterno la propria bellezza, è il protagonista del noto romanzo di Oscar Wilde. Dorian è convinto che attraverso i sensi e la pratica dei piaceri si possa raggiungere una specie di beatitudine. L’anima non è la sola fonte di conoscenza e di salvezza, in contrapposizione al corpo. C’è secondo lui una specie di via mediana fra corpo e anima che comprende anche i sensi, una «mistica» e una religiosità dei sensi. Studiò per questo i profumi e ne scoprì l’influenza negli stati d’animo degli uomini.
«Egli sapeva che i sensi, non meno dell'anima, possono svelare i loro misteri. E allora volle studiare i profumi, ed i segreti della loro fattura, distillando olii odorosi e bruciando profumate resine orientali. Si accorse che ad ogni stato d'animo corrisponde una maniera d'essere nel mondo dei sensi, e cercò di scoprire le loro vere relazioni, domandandosi perché l'incenso rende mistici, e l'ambra eccita le passioni, e le violette ridestano memorie di defunti amori, e il muschio turba il cervello, e il champak (incenso) colora l'immaginazione. S'indugiava a creare una vera e propria psicologia dei profumi, e a calcolare le diverse influenze delle radici soavemente odoranti, e dei fiori carichi di polline, e dei balsami aromatici e dei legni cupi e fragranti: il nardo che fa languire, l'hovenia (albero dell’uva passa) che rende pazzi e l'aloe che scaccia la malinconia»

Profumo: storia di un assassino

- Nel 1738, a Parigi, una pescivendola incinta, ragazza madre, che lavorava nella parte più nauseabonda della città, sente i morsi delle doglie: si sdraia sotto il bancone e si sgrava tra i rifiuti del mercato del pesce. Nasce un bambino, il quinto, della serie. Pensava che, visti i precedenti, fosse nato morto, ma non è così: dopo qualche ora si sente un vagito. È quello di Jean-Baptiste Grenouille. La madre, accusata di infanticidio, viene impiccata. Il bambino, rimasto solo, è accolto in un miserabile orfanotrofio. Il piccolo possiede però una dote straordinaria: un naso eccezionale. Sa riconoscere tutti gli odori, profumi, essenze, anche delle cose come il vetro o la pietra bagnata. Vive come uno schiavo. Venduto e comprato passa da un padrone all’altro, come una cosa. Un giorno il suo padrone, conciatore e commerciante di pelli, lo porta a Parigi. Attratto dalla piste olfattive, va dove lo porta il naso. Una sera riconosce l’«essenza» della sua vita, nel profumo di una giovane raccoglitrice di prugne. L’insegue, si avvicina furtivamente, l’annusa. Teme di essere scoperto. La ragazza, sorpresa, grida. Jean-Baptiste le mette una mano sulla bocca e inaspettatamente, qualche istante dopo, muore soffocata.
Durante una consegna di pelli nella profumeria di un italiano, un certo Baldini, ormai in declino, comincia la sua carriera di profumiere, imitando il vendutissimo profumo Amore e Psiche, che il vecchio non riusciva più a riprodurre. Jean-Baptiste gli propone di comporgli davanti ai suoi occhi un profumo ancora migliore» L’ossessione del ragazzo, però, rimane quella di riuscire a distillare e conservare «l’essenza della donna, che non è altro che «l’essenza dell’amore». Per ottenerla però dovrà uccidere.


Voglio il tuo profumo
Gianna Nannini
(Italy) – 1986



Nasce l'alba su di me
mi lascia andare al tuo respiro
e mi accompagno con i ritmi tuoi
ti sento in giro ma dove sei
con tutte quelle essenze che ti dai
non so chi sei non sudi mai sei sempre
più lontano
voglio il tuo profumo
voglio il tuo profumo
voglio il tuo profumo
dammi tutto il tuo sapore
no ti prega no non ti asciugare
se nella notte hai ancora un brivido
[animale]

2. L'udito

L’Udito – il canto degli alberi






Mario Rigoni Stern – Arboreto selvatico - Ascoltare gli alberi
Introduzione.

«Mario Rigoni Stern nel suo libro, Arboreto selvatico, mette in relazione gli alberi con la musica. Abbatterli è un vero e proprio delitto». Mauro Corona ha addirittura conosciuto qualcuno che li ha sentiti cantare»

Il contributo di Mario Rigoni Stern all’ARMIR

Sul fronte orientale, lo scontro tra Russia e tedeschi diventava molto più lungo e difficile di quanto avesse previsto Hitler.
Nel giugno 1942 la Germania lanciò un’ offensiva con l’obbiettivo di conquistare le regioni del Caucaso, ricche di petrolio. All’impresa parteciparono anche 230000 soldati italiani dell’ARMIR (armata italiana in Russia), inviati da Mussolini per rafforzare il corpo di spedizione italiana in Russia (CSIR) già costituito all’inizio della campagna di Russia. Era un contingente male equipaggiato e privo di armi adeguate, che andò incontro a una delle più grandi tragedie della II guerra mondiale.
Hitler ordinò la resistenza ad oltranza, ma nel febbraio 1943 i sovietici costrinsero i tedeschi alla resa.
L’armata tedesca e quella italiana si ritirarono disordinatamente, lasciando nel ghiaccio o nei campi di prigionia russi centinaia di migliaia di uomini.
A Stalingrado i tedeschi subirono la più grande sconfitta dall’inizio della guerra, una sconfitta che mostrò chiaramente come le sorti del conflitto si fossero ormai capovolte.

Cechov, nel 1888, scriveva: «Chi conosce la scienza sente che un pezzo di musica e un albero hanno qualcosa in comune, che l'uno e l'altro sono creati da leggi egualmente logiche e semplici». (...)
Un giorno ritornando dalla passeggiata mattutina e passando vicino a una contrada, con disgusto il mio sguardo era andato a posarsi su due frassini e un sorbo ai quali qualche violento imbecille aveva spezzato le cime. (...) Ma chi poteva essere stato? (...) Ero amareggiato e andando verso casa pensavo a un articolo letto su un giornale e che aveva per titolo: «Uccise un albero, all'ergastolo». Era per una quercia secolare sacra a certe tribù indiane ma anche nota come «La quercia del trattato di Austin» perché‚ alla sua ombra era stato firmato l'accordo per l'annessione del Texas agli Stati Uniti e per gli americani era simbolo di storia concreta e viva. Forse l'ergastolo richiesto per un uomo colpevole di aver ferito gravemente un albero storico era una condanna troppo severa, ma dieci anni di lavori silvocolturali, pensavo, ci starebbero bene. Anticamente, per chi profanava un bosco sacro in certi casi c'era la pena di morte perché‚ dagli alberi erano nati gli dei e gli uomini...»


Mauro Corona, Il giorno dei boschi che cantano

Una volta, quando ero bambino, esisteva la Festa degli Alberi. Molto tempo fa le piante parlavano e cantavano, mentre gli uomini erano muti. Poi le cose si invertirono, gli uomini sbraitarono e le piante cantarono in silenzio. Almeno così diceva mio nonno, che un giorno mi raccontò una storia. Nel 1672 passò da queste parti un giovane che si chiamava Antonio Stradivari. Aveva all'incirca 25 anni.
Cercava un'essenza che vibrasse bene per costruire i suoi violini. L'anno prima aveva girato dappertutto, dai boschi del Cansiglio a quelli dell'Ampezzo, fino alle selve della Val Zoldana e del Cadore. Ma i violini non suonavano come avrebbe voluto. A Erto fece amicizia con un vecchio che di legni se ne intendeva. Il liutaio era al corrente della sua fama e lo aveva cercato apposta. Si chiamava Albino Corona, detto Binu't delle E'us (voci) perché conosceva le voci degli alberi e riusciva a trasferirle nel suono dei flauti d'acero che costruiva. I due parlarono a lungo e per diversi giorni. Poi il liutaio di Cremona confidò a Binu't il suo cruccio. «Non riesco a far suonare i violini come vorrei». Il vecchio ertano caricò la pipa e lentamente rispose: «Deve tagliare l'albero quando il bosco canta. E c'e' un solo giorno, una sola ora e una sola luna nell'arco di un anno in cui gli alberi si mettono a cantare». Stradivari si fece attento e, dopo qualche insistenza, ottenne dal vecchio Binu't la dritta che lo rese celebre nel mondo. Si tratta di tagliare la pianta in un giorno di maggio, a una data ora e sotto l'influsso di una certa luna, ma quali siano nessuno mai lo saprà, giacché sia Binu't che Stradivari si sono portati il segreto nella tomba. Erano i legni di quel giorno, di quell'ora e di quella luna che davano il suono inimitabile agli strumenti del grande liutaio cremonese e non la vernice misteriosa come si e' sempre creduto. Lo prova il fatto che la vernice di uno Stradivari e' stata studiata, analizzata, messa a nudo e riprodotta tale e quale da fior di chimici, ma i violini sui quali e' stata applicata non suonano come gli antichi predecessori. Così, grazie alla generosità' di Binu't, Stradivari resterà per sempre nella storia della liuteria mondiale. Binu't delle E'us invece e' scomparso nell'obli'o assieme ai suoi flauti, tranne uno, l'ultimo, miracolosamente finito nelle mie mani.
(...) Vi siete mai trovati a passeggiare in un bosco di notte? Inconsciamente i sensi si dilatano e vi accorgete per la prima volta di sentire rumori di cui forse in altre situazioni non vi sareste accorti, profumi che non conoscevate prima di quel momento.
Tolkien fece nascere il Mondo dalla Musica; “Ecco la vostra Musica! Questo è il vostro canto; e ognuno di voi troverà quivi contenute, dentro il disegno che vi espongo, tutte quelle cose che apparentemente egli stesso ha concepito o aggiunto.” L’atto creativo non solo prende vita, ma possiede una sua melodia che rimane in tutto ciò che è creato. Spetta a noi coglierla.

1. La vista

La vista fra luci e ombre

Josè Saramago, Cecità


La vista è il senso della filosofia e della ricerca scientifica. Quando diciamo: “Vedi?” intendiamo anche dire: “Capisci?”. Poniamo il caso che, improvvisamente, mentre stiamo fermi ad un semaforo in attesa del verde, perdessimo la vista? Intendo: che tutti gli uomini diventassero ciechi? Che cosa succederebbe? Josè Saramago, scrittore portoghese, premio Nobel della letteratura nel 1998, ha provato ad immaginarlo, e con rigore ha descritto un mondo al buio, una “cecità” che, come un’epidemia contagia tutta l’umanità. Ne è venuto un quadro inquietante, perché all’oscurità materiale si aggiunge una ben peggiore notte dello spirito. Come se ne esce? Leggiamo la prima pagina del libro.

SARAMAGO «Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così. Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell'aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c'è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di semafori esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica.
Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma, dev’essere un problema meccanico, l'acceleratore rotto, la leva del cambio che si è bloccata, o un'avaria nell'impianto idraulico, blocco dei freni, interruzione del circuito elettrico, a meno che non le sia semplicemente finita la benzina, non sarebbe la prima volta. Il nuovo raggruppamento di pedoni che si sta formando sui marciapiedi vede il conducente dell'automobile immobilizzata sbracciarsi dietro il parabrezza, mentre le macchine appresso a lui suonano il clacson freneticamente. Alcuni conducenti sono già balzati fuori, disposti a spingere l'automobile in panne fin là dove non blocchi il traffico, picchiano furiosamente sui finestrini chiusi, l'uomo che sta dentro volta la testa verso di loro, da un lato, dall'altro, si vede che urla qualche cosa, dai movimenti della bocca si capisce che ripete una parola, non una, due, infatti è così, come si viene a sapere quando qualcuno, finalmente, riesce ad aprire uno sportello, Sono cieco»


Melania G. Mazzucco
La lunga attesa dell’angelo La sentinella dei colori

«Melania G Mazzucco, scrittrice romana, già vincitrice del premio Strega nel 2002 con Vita, racconta in un recente romanzo, La lunga attesa dell’angelo, la storia di un grande genio della pittura universale, il veneziano Jacomo Tintoretto, costruendo un coinvolgente e raffinato affresco, dell’uomo e della città in cui è vissuto. In questo brano si parla del pittore ancora bambino che scopre, nel laboratorio del padre, la magia e la consistenza dei colori e ne diventa una piccola, ma insormontabile sentinella»

«Anch'io ho amato i colori - l'azzurro del cielo di maggio, il riflesso della luce su una manica di seta scarlatta, il rosa del tramonto sul muschio verde di uno squero. È la prima cosa che mi ha insegnato mio padre: a circondarmi di cose belle, sgargianti, preziose, e sporcarmi le mani per ottenerle.(…). Ma mio padre aveva il laboratorio (…) Il locale era poco più di una tettoia di tegole aperta su tre lati: quelle pareti fatte solo d'aria catturavano tutta la luce del giorno che a noi era negata. Era disseminato di grandi vasche rettangolari, sempre piene fino all'orlo. Le chiamavamo barche. Ma non si trattava di tinozze. L'acqua di una barca era rosso granato, quella di un'altra giallo limone, c'era la vasca verde smeraldo e la vasca blu. Tutti i colori che la soffocante penombra del quartiere ci negava sembravano caduti là dentro, ed esservi rimasti prigionieri. Nelle barche - marchiate con la R dei Robusti, la sigla della nostra ditta - mio padre immergeva i panni. Non erano di lino, cotone, o velluto: erano di seta.
(…). La stoffa si abbeverava dei colori - come ne avesse sete. E poi i panni, grandi come lenzuoli di giganti, e impalpabili come l'aria, venivano lavati nel canale e appesi ad asciugare. I panni azzurri e giallo zafferano dovevano asciugare al sole, e allora venivano inchiodati sui telai montati sui pali confitti nel terreno, all'aperto — i panni rossi, grigi e viola all'ombra, e allora dalle travi del soffitto sgocciolava sulle assi una pioggia magica. A volte, da bambino, mi sdraiavo sul pavimento del laboratorio e lasciavo che la mia pelle si tingesse di rosso, scarlatto, violetto. Ancora oggi, quando mi guardo le mani, ho l'impressione che nei pori sia rimasta qualche goccia di tintura.
(…) Se ripenso alla mia infanzia, vedo la tintoria di mio padre.
Imparavo a leggere, scrivere e fare le addizioni, (…) Ma non vedevo l'ora di tornare al laboratorio e aiutare i lavoranti di mio padre ad alimentare i fuochi sotto le caldiere e a rimestare nelle barche coi lunghi bastoni di vetro. Anche quei bastoni si tingevano di rosso, nero, blu. Le nostre vite erano buie, eravamo schiacciati e soffocati dai muri, dai palazzi, dalla penombra. Ma ogni cosa, nella tintoria, era colore.
I colori avevano un odore, e anche un sapore. Alcuni sapevano di minerale, di terra e di spiagge lontane — altri di animale, di legno bruciato o della profondità del mare. Nella tintoria di mio padre accadeva qualcosa di magico. E io volevo capire l'alchimia della metamorfosi. Perché tutto si tiene, ogni cosa diventa un'altra, ogni essere, ogni vita genera una catena di trasformazioni, e non se ne può indovinare la fine. La materia - che è la cosa più vile della terra - è però, anche, immortale.
Mio padre era stato il primo tintore di Venezia a importare la gomma lacca dall'India per fare lo scarlatto. La gomma lacca? Io vedevo solo granuli che i nostri lavoranti scioglievano nell'acqua bollente. Ma quei granuli venivano dalla resina, e la resina la producevano insetti minuscoli, che infestano i tronchi degli alberi di quei paesi dell'Asia, e li coprono con la loro secrezione rossa. Dietro ogni colore c'è un processo, e dietro ogni processo una causa - ma ciò che rende l'uomo diverso dalle altre creature è la capacità di manipolare gli elementi, di inventare e creare: trasformare anche un minimo insetto in una goccia di stupefacente colore, in qualcosa di prezioso. (…) Appena potevo, sfuggivo alla scuola, alla chiesa, alle lezioni di musica, agli obblighi e alla disciplina, e mi insinuavo nel laboratorio della tintoria.
I lavoranti di mio padre mi trovavano sempre qualcosa da fare. Siccome erano molto gelosi delle loro pratiche, e non volevano che i curiosi si affacciassero a spiare i loro metodi di tintura, mi chiedevano di fare la sentinella sul canale e di allontanare chiunque si avvicinasse troppo. Ma io facevo di più. Salivo sul tetto, e senza farmi vedere tiravo palle di fango sulle barche di passaggio. Al calar della sera mi tingevo la faccia di nero e mi avvolgevo in un mantello pure nero, prendevo una lanterna e correvo avanti e indietro sulla riva, lungo il canale, ululando — così che a Venezia tutti andavano dicendo che la tintoria dei Robusti era protetta dai demoni.
A nove anni già aiutavo i lavoranti (…). Nei giorni di chiusura restavo nel laboratorio, a fantasticare. I panni di seta color cenere, rossi e viola oscillavano dolcemente sui telai al soffio dell'aria che si insinuava dalle immense aperture. Erano le mie vele. Sognavo di essere il capitano di una flotta di galee dirette nella lontana India, dove avrei abbattuto un'intera foresta per strappare agli alberi milioni di parassiti capaci di tingere di scarlatto tutta Venezia. Oppure in Cina, o nelle Americhe a comprare il legno rosso del Brasile o l'indaco del Guatemala per inventare un nuovo azzurro. Ho solcato gli oceani di tutta la terra, correndo fra quei panni. Per questo non ho mai sentito il desiderio di imbarcarmi davvero.
Quando i lavoranti di mio padre, a fine turno, lasciavano la tintoria, intingevo il bastone di vetro in una vasca e con quello, come fosse una matita, disegnavo sul pavimento e sui muri il profilo delle foreste d'Oriente, le sagome dei marinai e l'alberatura delle navi. Le pareti della tintoria sono state le mie prime tele.
Avevo undici anni quando il socio mercante della tintoria mi propose di accompagnarlo a Smirne e poi a Baghdad: partiva per rifornire i magazzini di barili di polvere, grani e cristalli che mio padre trasformava in colori. Mio padre, cui avevano riferito le mie imprese coi bastoni di vetro, mi chiese se volevo partire. A me non interessavano i paesi dei colori, ma i colori stessi»











Diritto: Il mutuo


ART 1813 cc
Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituirne altrettante cose della stessa specie e qualità

ART 1814
Le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario

ART 1815
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non son dovuti interessi.

ART 1816
Il termine per la restituzione si presume stipulato a favore di entrambi le parti e se il mutuo è gratuito a favore del mutuatario

ART 1818
Se sono mutuate cose diverse dal denaro e la restituzione è diventata impossibile o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore, questi è tenuto a pagare il valore tenuto conto del tempo e del luogo in cui la restituzione si doveva eseguire.




ART 1819
Se stata convenuta la restituzione rateale della cose mutuate e il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento anche di una sola rata il mutuante può chiedere secondo le circostanze l’immediata restituzione dell’intera.

ART 1820
Se il mutuatario non adempie l’obbligo del pagamento degli interessi, il mutuatario può chiedere la risoluzione del contratto.

ART 1822
Promessa di mutuo – è consensuale, ha effetti obbligatori, come un preliminare di vendita.
Chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione e non gli sono offerte idonee garanzie.

introduzione

Introduzione

«Come stanno i nostri sensi? Funzionano bene? Italo Calvino, prima che la morte lo cogliesse, stava scrivendo un libro sull’argomento. Facendo una ricognizione dello stato di efficienza dei propri, si accorse che erano appannati, così come quelli dell’uomo contemporaneo: «... l’olfatto non l’ho molto sviluppato. Il gusto? Non sono un buongustaio, dicono che mangio troppo in fretta per sentire veramente i sapori, manco di attenzione uditiva, la mia sensibilità tattile è approssimativa e sono miope. I sensi però mi interessano: uno dei libri che sto scrivendo è proprio sui sensi. Ma poi sono veramente cinque? Un pensatore per cui ho un grande rispetto, il Brillat-Savarin, diceva che l’attrazione sessuale costituisce un sesto senso, che chiamava genesico»
«Sotto il sole-giaguaro è il titolo di quel libro, pubblicato postumo. I racconti sono però tre, ne mancano due: quello relativo alla vista e quello dedicato al tatto; proprio a quei due che servono per aprire il suo libro (il tatto) e incominciare a leggerlo (la vista). Il libro si può considerare completo? Alcuni pensano di sì. Noi che ci proponiamo di parlare dei sensi partiamo svantaggiati?


Perché?
Attraverso i cinque sensi possiamo percepire il mondo che ci circonda.I cinque sensi sono: la vista, l’olfatto, l’udito, il gusto ed il tatto. Descrivendo i cinque sensi ho l’opportunità di collegare più facilmente non solo gli argomenti svolti durante l’anno scolastico ma anche brani musicali e film che rendono più completa e suggestiva la mia tesina. I sensi ci racchiudono in sé “la vita”, grazie ad essi possiamo sviluppare nuove capacità e idee.





Collegamenti

VISTA: Josè Saramago (Cecità) ITALIANO, Melania G. Mazzucco (La lunga attesa dell’angelo) ITALIANO, Umberto Boccioni, Fururista (forme uniche nella continuità dello spazio) ITALIANO, scultura presente nella moneta dei 20 cent di euro, (Mutuo) DIRITTO

UDITO: Mario Rigoni Stern (introduzione Arboreto selvatico) ITALIANO, I contributo di Mario Rigoni Stern all’ ARMIR STORIA, Mauro Corona (Il giorno dei boschi che cantano)

OLFATTO: Charles Baudelaire (Corrispondenze), ITALIANO, Oscar Wilde (Il ritratto di Dorian Gray) ITALIANO, Profumo – storia di un assassino

TATTO: Rudolf Steiner (l’educazione del senso del tatto) PSICOLOGIA, (Alimentazione nello sport) ALIMENTAZIONE, Gabriele D’annunzio (Il piacere) ITALIANO, D’annunzio e l’occupazione di Fiume, STORIA

GUSTO: Pellegrino Artusi (La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene) ITALIANO-ALIMENTAZIONE, (L’Emilia Romagna) INGLESE, Chocolat (Joanne Harris), (Obesità, Bulimia, Anoressia, Ipertensione, Diabete), Italo Calvino (Sotto il sole giaguaro, Sapore,sapere) ITALIANO

La gerarchia dei sensi

«Quali sono i sensi più importanti? «. La vita dell’uomo è un «sentire» se stesso e gli altri e il mondo. Sentire ciò che viene dall’esterno. Per la Bibbia il più importante è l’udito perché Dio crea attraverso la parola. Dio disse: «Sia fatta la luce». La parola presuppone un orecchio cosmico che ascolti. Poi viene la vista. Udito è vista si contendono il primo posto; gli altri seguono a distanza. Vista e udito sono anche i sensi più precisi affidabili, presi in considerazione dalla filosofia, perché sono gli unici che ci procurano la vera conoscenza.
I sensi più pericolosi sono tradizionalmente il gusto e il tatto perché costituiscono l’esca di tutti gli altri peccati. Non si deve vivere «secondo i sensi», si diceva, e per salvarsi l’anima, era necessario «mortificarli». I peccati provengono dalla fame dei sensi. La prima «fame», a cui i monaci eremiti dei primi secoli, facevano risalire tutte le altre, era la gola. È un «appetito» forte funzionale alla vita e quindi alla sopravvivenza, analogo a quello della lussuria. Il digiuno era considerato quindi la forma più alta di ascesi.
«La graduatoria attuale vede la vista sopravanzare l’udito, mentre gli altri tre rimangono indietro. «La vista, lo sguardo, il guardare, l’osservare sono diventati essenziali per la costruzione del sapere; la gerarchia dei sensi è stata modificata dalla scoperta della scrittura, che ha segnato non solo un progresso tecnico, ma ha determinato una vera e propria svolta nella costruzione dei quadri di conoscenza, privilegiando il vedere rispetto all’udire e affinando il modulo della percezione preposto alla scrittura e alla lettura. Si passa dalle storie raccontate alle storie viste.
I Giapponesi sono per noi come dei marziani, per certi aspetti, o i pigmei. Per esempio il sistema cromatico che hanno i Giapponesi o il gusto tattile che hanno loro, noi non l'abbiamo. Per esempio molte tradizioni di civiltà asiatiche, da quelle dell'antica Persia a quelle dell'India a quelle dell'attuale Giappone hanno il gusto del toccare, che noi non abbiamo. Per esempio un oggetto giapponese bello, ad esempio una teiera, è liscia in un certo modo o una scatola di legno è fatta con certe avvertenze, con certe rugosità. Noi non ci rendiamo conto per esempio che la tradizione giapponese non ama la simmetria. C'è una sorta di disarmonia prestabilita che l'arte moderna ha riscoperto. Per cui tutta l'arte europea tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento ha scoperto tutto ciò che l'arte classica, che era legata a queste nozioni di precisione, aveva rifiutato. Quindi si è scoperta l'arte negra con il periodo dei fauves, si è scoperta l'arte cinese, l'arte giapponese. C'è stato un periodo di giapponeserie. Tutta l'arte liberty, floreale per esempio, nasce da questo arrivo in Europa di modelli giapponesi. Quindi non dobbiamo essere troppo presuntuosi. C'è uno scambio ineguale, nel senso che l'Occidente ha esportato molte volte, nel bene e nel male, molto di più degli altri, però tante cose sono venute da fuori. Per esempio la porcellana noi non la conoscevamo se non copiandola dai Cinesi, come la seta o altre cose».i

italiano


moduli di quarta

storia


Moduli di quarta e quinta
Tanti materiali preziosi per lo studio